Agli under 30 più posti al CentroAgli under 30 più posti al Centro
Nell'annus horribilis per l'occupazione giovanile le ciambelle di salvataggio in un mercato del lavoro sempre più avaro di opportunità arrivano dal "centro", a livello di competenze come sul territorio. Nella débâcle generale - in calo del 31% le assunzioni di under 30 programmate dalle imprese nel 2012 - ci sono alcune figure che si salvano: profili di media specializzazione, in primis nel commercio e nei servizi, rappresentano la stragrande maggioranza dei 200mila nuovi ingressi, secondo l'elaborazione di Datagiovani su fonti Unioncamere.
Mestieri anti-crisi
l primo posto del ranking rimangono stabili i commessi delle vendite al dettaglio, per cui si richiedono oltre 23mila addetti. Gli altri due gradini del podio sono occupati da magazzinieri e camerieri (entrambi intorno a quota 6mila). E con oltre 5mila inserimenti di under 30 si mettono in luce impiegati e segretari, mentre vicini a quota 3mila sono informatici, cuochi e contabili. 

«Le imprese - osserva Egidio Riva, ricercatore di sociologia all'Università Cattolica - chiedono sempre meno professionisti altamente qualificati nelle aree, come l'innovazione, nelle quali altri sistemi produttivi hanno costruito le proprie fortune recenti. È la spia che ci segnala la necessità, sempre più inderogabile, di un check-up per offrire prospettive migliori ai giovani».
Fra i 32 mestieri dove gli "ingaggi" preventivati superano quota mille, le figure "high skilled" sono solo sette, a partire da analisti e progettisti di software, contabili e tecnici della vendita, tutti con ingressi programmati tra 2mila e 3mila.
Fra i 32 mestieri dove gli "ingaggi" preventivati superano quota mille, le figure "high skilled" sono solo sette, a partire da analisti e progettisti di software, contabili e tecnici della vendita, tutti con ingressi programmati tra 2mila e 3mila.
Opportunità dalle regioni
Anche sul territorio i giovani si salvano al Centro: a perdere quota, infatti, sono le chance al Nord e nel Mezzogiorno (oltre il 30% in meno rispetto al 2011), mentre a contenere le perdite sono state le regioni intermedie, con il Lazio che riserva quasi il 40% delle nuove assunzioni ai giovani, seguita da Toscana e Umbria (oltre il 37%). La classifica provinciale in termini assoluti è guidata da Roma, con circa 15mila reclutamenti non stagionali (39,8% del totale), che si dimostra più stabile rispetto a molte altre province (-4,4% il calo rispetto al 2011). Al secondo posto si piazza Milano (13.460 inserimenti under 30), che però ha visto ridurre i nuovi assunti giovani del 31% in un anno.
Quote giovani
Le professioni più "giovani" del 2012 si rivelano gli acconciatori (79%), gli addetti agli sportelli assicurativi, bancari e intermediari finanziari (67% delle assunzioni totali) e i baristi (59%). La classifica invece di quelle per cui si cercano molti under 30 ma si fa più fatica a trovarli è guidata dagli analisti e progettisti software (27% di "primule rosse", e nel 19% dei casi per ridotto numero di candidati), seguiti dagli acconciatori (21%, ma in questo caso soprattutto per preparazione ed esperienza inadeguate, 11%).
Titoli di studio e contratti
Tra i titoli di studio più graditi resta al top il diploma (48%), in particolare a indirizzo amministrativo-commerciale, meccanico, turistico-alberghiero e informatico. La laurea è richiesta nel 15,4% dei casi, soprattutto in economia, ingegneria o medicina. Per il 10% delle assunzioni è addirittura sufficiente una qualifica professionale.
«L'ennesima conferma - spiega Giovanna Vallanti, docente di Economia alla Luiss di Roma - che in Italia conseguire livelli più elevati di istruzione non comporta un vantaggio per i giovani. Da un lato l'università, che è la principale responsabile della formazione del capitale umano, non è in grado di formare adeguatamente figure utili alle aziende. Dall'altro, il sistema produttivo italiano, basato su un modello di sviluppo molto tradizionale, non è in grado di assorbire profili altamente qualificati. Questo ha implicazioni pesanti in termini di bassa crescita della produttività e della competitività nel medio-lungo periodo».
Ultimo aspetto riguarda i contratti: cala la quota a tempo indeterminato (33% contro il 37% del 2011), mentre salgono tempo determinato (40%) e apprendistato (22%). Forte è anche la crescita dei neoassunti part-time: oltre un quarto degli inserimenti totali di giovani, quasi sei punti in più del 2011.
«La mancanza di orizzonti d'impiego sufficientemente lunghi è un problema serio - conclude Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all'Università di Padova –, perché impedisce di fare investimenti in capitale umano e soprattutto rischia di allontanare le persone più capaci. Un giovane di belle speranze tenderà ad accettare occasioni d'impiego intermittenti solo a condizione che si tratti di un mestiere sfidante. In mancanza di queste offerte, i migliori tenderanno giustamente a migrare verso le aree del Paese o in altri Stati dove "il rischio dell'incertezza" è più che compensato "dal rendimento dell'esperienza"».